Le persone timide faticano molto a relazionarsi con gli estranei perché si sentono in imbarazzo e sotto esame, ma la stessa difficoltà può cogliere anche la più scaltra tra noi, abituata a gestire tranquillamente le conversazioni in un ambiente che ben conosce, che può trovarsi in difficoltà davanti ad una platea o a singoli sconosciuti. Il problema va individuato, probabilmente, nella difficoltà che tutte abbiamo nel leggere compiutamente i segnali lanciati dai nostri interlocutori, quando questi sono persone che non conosciamo bene e che quindi non sappiamo interpretare. È abbastanza normale ed è facilmente risolvibile seguendo questi suggerimenti.
Allenamento costante
Come ogni altra attività umana, anche la capacità di conversare con gli sconosciuti senza farsi prendere dall’agitazione può essere esercitata, attraverso un impegno con sé stesse a raggiungere settimanalmente l’obiettivo di parlare con almeno due sconosciuti. Basta la determinazione a farlo: all’inizio farà paura, ma superato l’ostacolo diventerà man mano più semplice e, anche se le prime prove dovessero portare imbarazzo e frustrazione, sarebbero comunque un passo importante per l’abbandono della comfort zone e i successivi progressi.
Mettersi in condizione
Per favorire il superamento di questa difficoltà, è molto importante mettersi in condizione di fare nuovi incontri (l’alternativa, ovvero la ricerca di emeriti sconosciuti per strada, è decisamente più ostica) ed è sufficiente partecipare a eventi aperti al pubblico; possono essere di qualsiasi tipo, anche se è preferibile che si tratti di qualcosa che, in qualche misura, è inerente alle proprie passioni e ai propri interessi: un reading, la presentazione di un libro, un festival musicale, una fiera di settore, un concerto; a ciascuna la scelta.
L’aiuto esterno
Un buon modo di procedere gradualmente, è quello di chiedere aiuto ad una amica fidata, che parteciperà alla conversazione con lo sconosciuto; è importante, in questo caso, evitare che sia lei a condurre il discorso e cercare invece di provarci, forti della presenza di un volto amico; di contro, è bene verificare che l’amica in questione voglia davvero aiutarci e partecipare, perché se si mettesse al nostro fianco con fare paternalistico e senza dire nulla o limitandosi a spingerci apertamente, ci troveremmo nella situazione imbarazzante di avere una balia al nostro fianco.
Al bando l’ossessione di fallire
Il miglior modo per ottenere un disastro, è pensare troppo al da farsi e rimuginare in continuazione prefigurandosi gli scenari peggiori; più il pensiero si fissa sulla conversazione, più l’effetto sarà quello di un’ansia da prestazione crescente. Meglio lasciar fare all’istinto e, individuato lo sconosciuto, lanciarsi per rompere il ghiaccio, prima che il nostro Io possa frenarci e l’adrenalina sia messa a tacere dal lavorio mentale. Basta una parola per avviare una conversazione; da lì è tutta discesa.
Esternare sicurezza
Una delle cose che più frena in queste situazioni è la paura che gli altri si accorgano del tremore che ci coglie e del nervosismo che monta. Non è detto che da fuori si possa notare e, anzi, fino a che non sarà possibile sentirsi davvero tranquille, la tattica migliore è la finzione: il compito del timido è quello di ostentare sicurezza anche quando non c’è. Pian piano, con l’esercizio, la finzione sarà soppiantata da una realtà più tranquillizzante.
Accettare il rifiuto
Può capitare, purtroppo, che la persona sconosciuta cui ci rivolgiamo con tanto coraggio, ci risponda con un paio di striminzite parole e tronchi subito la conversazione; questo potrebbe avere effetti devastanti sull’autostima, specie dopo tutta la fatica fatta per convincersi a tentare, ma sarebbe sbagliato, perché un eventuale rifiuto, una risposta sbrigativa o scortese, non sono necessariamente un messaggio diretto a noi e alla nostra incapacità. Può darsi, semplicemente, che quella persona fosse molto occupata o non avesse voglia alcuna di conversare.
Lascia un commento