Il ristorante La Fraschetta del pesce a Roma, subito accanto all’immagine del simpatico amico a quattro zampe con scritto “Io non posso entrare”, ha appiccicato un cartello recante la scritta “Vietato l’ingresso ai bambini”.
Non mancano le motivazioni che il gestore si è impegnato a specificare, disturbandosi di modificare i caratteri tipografici: “A causa di episodi spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, in questo locale non è gradita (scritto in maiuscoletto) la presenza di bambini minori di 5 anni nonché l’ingresso di passeggini e seggiolini per motivi di spazio. Certi della vostra comprensione, si ringrazia la clientela”, firmato “il comandante” (soprannome del proprietario). E quindi, mentre i locali pubblici si attrezzano con ciotole dell’acqua, contenitori per il cibo, tappeti per mettersi comodi destinati ai nostri animali, non più costretti a stare legati ad un palo mentre noi ci divertiamo, possiamo tranquillamente riciclare il guinzaglio per i nostri figli; presto nei negozi si venderanno simpatiche borse dove infilarli, in modo tale che chi ha paura non ne sia disturbato e museruole se sono di taglia grossa e vivaci.
Indubbiamente, moralismo a parte, a tutti è capitato di essere infastiditi dal comportamento maleducato di un bambino, ma sta nell’intelligenza del genitore decidere quanto concedere al proprio figlio. Se un bambino grida come un orango, rompe cinque bicchieri e lancia le posate, nel mio locale, vieterei l’ingresso ai suoi genitori, non a lui. Luca Faccio su Il Fatto Quotidiano ha scritto che la prima scena che gli è venuta in mente è quella del “vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti” di La vita è bella. Lì, però, c’era il nazismo.
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