In questa caldissima estate in molti hanno ricordato con commozione l’inventore dell’aria condizionata, l’americano Willis Haviland Carrier. Il suo brevetto ha certo avuto un notevole successo, ma chissà cosa ne pensava la Signora Carrier. Già, perché tra i detrattori dell’aria condizionata ci siamo soprattutto noi donne, che patiamo come non mai il refrigerio, in barba alle temperature africane.
La guerra dei sessi
La reazione al condizionatore è forse uno degli elementi che, in età moderna, ancora dividono nettamente gli uomini dalle donne. Non è certo un dogma immutabile, ma come dimostra l’esperienza quotidiana, quando in un ufficio, in casa o in un negozio, si accende l’aria condizionata, le persone presenti nel locale si dividono immediatamente in due fazioni opposte, come nei giochi di scuola: maschi contro femmine. Gli uni ghiaccerebbero la scrivania, le altre sopravvivono con maglioni e sciarpe.
Quando l’abito fa il freddoloso
Tra le ragioni di questa marcata differenza vi sono alcune condizioni quali l’abbigliamento. Specialmente nei luoghi di lavoro, la tenuta estiva femminile si caratterizza per una maggiore libertà e per la possibilità di ricorrere a tessuti molto leggeri e modelli che lasciano scoperta gran parte della pelle. Canotte, camiciole velate o abiti estivi, forniscono al corpo femminile una protezione risibile rispetto ai cambiamenti climatici della stanza. Già questo potrebbe spiegare la grande separazione di genere sull’aria condizionata: gli uomini, per quanto il dress code possa essere liberale, devono comunque mantenere un certo decoro e presentarsi in ufficio ben coperti, spesso addirittura in giacca e cravatta.
La formula maschilista
La diversa densità dell’abbigliamento non spiega però perché gli uomini sopportino meglio l’aria condizionata anche in ambienti dedicati al tempo libero, frequentabili con abiti estivi. Una risposta forse definitiva arriva oggi dalla scienza grazie ad uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “Nature Climate Change”.
Ebbene, secondo un gruppo di ricercatori di Maastricht, non siamo noi donne ad essere freddolose, è il condizionatore che ci odia. O meglio, è il condizionatore ad essere tarato per favorire il benessere maschile, sovrastimando la produzione di calore del corpo femminile quasi del 35%. Il disguido, se così vogliamo chiamarlo, nasce negli anni ’60, quando fu rielaborata la combinazione tra temperatura e aria fredda emessa dal condizionatore: i tecnici di allora presero a modello il metabolismo dell’utilizzatore medio dei tempi, ovvero un uomo sui 60 anni, di corporatura normale (circa 70 kg). Se così stanno le cose, la lunga lotta per lo spegnimento dello split ha ormai poco senso, considerando che noi ed i nostri compagni (di vita o di lavoro) non avremo mai la medesima percezione di benessere.
A dirlo sono i numeri, dato che per calcolare il confort termico si ricorre ad una complessa formula matematic, in cui ogni variante pesa molto. Non ci resta che sopportare, munirci di copertine, foulard e giacche, in attesa che l’industria dei climatizzatori si accorga di noi e pensi a lanciare sul mercato un modello women-friendly.
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