Il parto cesareo è sempre più praticato negli ospedali italiani fino ad arrivare a sfiorare il 40% dei parti in un anno. Un numero molto più grande della media mondiale che si aggira attorno al 20%. Ormai si potrebbe affermare che, in Italia, una donna su due partorisce con il cesareo. In alcuni casi è assolutamente necessario per il benessere della mamma e del nascituro ma, in molte situazioni, lo si pratica con troppa facilità, rendendo questo evento simile ad una qualsiasi operazione di routine.
Se ci sono problematiche legate a fattori di salute come il diabete gestazionale, una sofferenza del bimbo, una gestosi che non si riesce a curare, o un bambino che si presenta in posizione podalica, il cesareo è sicuramente la soluzione più sicura e consigliata. In tutti i casi elencati il cesareo può addirittura essere programmato in anticipo in modo che la partoriente si possa preparare all’evento. In altri casi, dove c’è un’urgenza insorta durante un parto iniziato in modo naturale, la donna non avrà il tempo di rendersene conto perché il tutto viene praticato nel modo più veloce possibile. Non è una differenza insignificante e questo lo sanno solo le madri che hanno vissuto questa situazione.
Ogni futura mamma si avvicina al momento cruciale del parto con ansia, timore, impazienza di vedere finalmente la creatura che ha portato in grembo per nove mesi.
Se nelle ultime visite e controlli insorgono dei problemi e il ginecologo opta per il cesareo, la partoriente da una parte sarà sollevata, in quanto non dovrà passare attraverso il travaglio, dall’altra potrà sentirsi “delusa” perché avrebbe voluto poter vivere fino alla fine, in maniera attiva, l’esperienza unica e irripetibile di diventare madre.
Se una donna è sottoposta ad un cesareo d’urgenza vuol dire che era già entrata nella fase del travaglio e poi per diversi motivi qualcosa non è andato come doveva. Il cesareo d’urgenza potrebbe anche avvenire senza che la futura mamma sia entrata in sala parto ma per traumi, incidenti, o cause esterne che hanno fatto precipitare la situazione. In simili casi la neomamma si sentirà sollevata per il fatto che è bene tutto quello che finisce bene, e forse non si sentirà penalizzata per il mancato parto naturale perché la gioia di aver portato a termine la gravidanza, nonostante l’emergenza, prevarrà su tutto il resto.
La crisi post partum
Con questo termine non si intende la depressione post partum, che è una patologia nota e riconosciuta, ma semplicemente il trauma che la neomamma ha subito con il cesareo. Innanzitutto si tratta di un’operazione a tutti gli effetti che se da una parte ti fa saltare le contrazioni e il dolore, dall’altra te lo ridà senza sconti dopo il taglio. Sei costretta a rimanere con il catetere, la flebo e non puoi muoverti liberamente come le altre mamme, che spesso tornano con le loro gambe in camera dopo aver partorito. Tu sei costretta immobile a letto e quando ti portano il piccolo, avendo a disposizione solo un braccio (l’altro è impegnato dalla flebo), fai molta fatica a tenerlo, guardarlo e coccolarlo. Inoltre, senti l’utero che si contrae perché ovviamente deve ritornare alle dimensioni originali e questo è abbastanza doloroso, tant’è che ti danno almeno tre fiale di sedativo. Le altre mamme possono mangiare, alzarsi, lavarsi mentre tu sei lì nel letto a dieta per due giorni e ti devono lavare. Il giorno seguente ti fanno scendere dal letto e con un taglio fresco nella pancia non è assolutamente piacevole.
Questi però sono i disagi fisici che fanno parte del gioco, il vero trauma è che, per il fatto del cesareo, molti ospedali non permettono la presenza del padre in sala operatoria anche se potrebbe starti accanto ugualmente dietro la tendina. Inoltre, cosa ancor peggiore, a volte portano via tuo figlio senza neppure fartelo vedere e te lo riportano già lavato e profumato quando ormai avrai perso qualcosa di irrecuperabile: sentirlo piangere, tenerlo sul tuo corpo, sentire il suo profumo. Purtroppo si va di fretta e, anche se non ci sono problemi particolari per il piccolo, molti ospedali non tengono presenti queste esigenze più che naturali. C’è come un distacco brusco tra il bimbo immaginato, che portavamo dentro di noi, e il bambino che ci viene dato. Si deve poco a poco ricostruire questo distacco e ricreare l’intimità che abbiamo avuto per nove mesi. Inoltre, una donna può anche sentirsi mamma a metà perché non ha portato a termine il suo compito fino alla fine. Sarà solo il tempo a far capire ad ogni donna che l’essere mamma non finisce con il parto, ma si inizia ad esserlo da quel momento in avanti, che sia stato un cesareo o un parto naturale.
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