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Tumori a seno e ovaie: con l’immunogenetica la cura è già dentro te

Grandi novità dalla genetica per la lotta contro il tumore. Con le cure immunogenetiche, la soluzione è già nel nostro corpo, basta attivarla

Dalla genetica arriva un’ulteriore speranza per milioni di donne contro il tumore al seno e alle ovaie, due delle forme di cancro più aggressive e di difficile cura. Già in passato la possibilità di riprogrammare alcune cellule aveva aperto uno spiraglio, ma le scoperte rese note negli ultimi giorni sembrano ridisegnare completamente la strategia che medici e pazienti potranno adottare in un futuro speriamo non troppo lontano.

Le nuove terapie genetiche, le cosiddette immunoterapie, permettono di affrontare la malattia non aggredendo le cellule tumorali con le tecniche tradizionali, non sempre efficaci e molto pesanti e sgradevoli anche per il malato, ma riprogrammando letteralmente il corpo e inducendo le naturali difese a reagire alla malattia. Nella sostanza viene innalzato il livello di attenzione del sistema immunitario già attivo in ogni individuo e lo stesso viene indotto ad individuare le anomalie provocate dal cancro e a combatterlo. Potremmo quindi dire addio ad alcuni degli interventi più invasivi e incisivi che le donne devono purtroppo subire quando affette dal tumore al seno, come l’asportazione delle mammelle, spesso effettuata in via preventiva da coloro che sanno di essere portatrici dei geni mutati BRCA. Basterà assumere un farmaco e sarà il corpo a combattere e a farlo per molto tempo. Come sottolineano soddisfatti i ricercatori infatti, uno dei risvolti più interessanti dell’immunoterapia, è che la sua efficacia dura nel tempo.

A dimostrare sul campo questa importate scoperta è uno studio tutto italiano, svolto a Padova dall’Istituto Oncologico Veneto che ha coinvolto nella sperimentazione ben 400 pazienti con risultati molto positivi, anche sulla possibilità di sfruttare in positivo quindi quella positività ai test che rilevano la presenza di mutazioni precancerose cui abbiamo accennato. Si tratta dei tristemente noti geni BRCA1 e BRCA2, comunemente attivi nell’organismo come soppressori tumorali e quindi normalmente preposti proprio ad evitare l’insorgere di forme cancerose. Purtroppo in alcune persone essi subiscono una mutazione e non sono in grado di svolgere il loro compito con efficienza, esponendo il corpo ad un alto rischio di tumore. Tale caratteristica si trasmette per via ereditaria, con la conseguenza che chi ha in famiglia soggetti che sono o sono stati malati di cancro, viene sottoposto ad uno specifico test, in grado di rilevare la presenza di questa mutazione genetica, al fine di predisporre azioni preventive e fermare in partenza l’insorgere del tumore. Purtroppo per le donne, con riferimento al tumore al seno, questo significa dover affrontare la straziante decisione di praticare una mastectomia preventiva; una scelta coraggiosa che tuttavia non è priva di conseguenze, anche psicologiche e della quale si è tornato recentemente a parlare grazie alla testimonianza di donne famose, come Angelina Jolie, che non hanno fatto mistero della loro situazione e, anzi, si sono volutamente messe a disposizione di stampa e televisioni per dare conforto ed esempio a chi era nella stessa condizione. Con l’avvento delle immunoterapie, non solo tali interventi non saranno più necessari, ma anche la possibilità di individuare i geni BRCA modificati, sarà un’altra arma nelle mani dei medici, che potranno quindi riprogrammarli per combattere con più forza un eventuale tumore.

Non si fermano qui le novità in tema di applicazioni delle nuove scoperte sulla genetica, proprio mentre si sta svolgendo l’XI Convegno Meet the professor, organizzato dall’Accademia Nazionale di Medicina e che ha portato a Padova, dal 10 al 12 settembre, tutti i più grandi esperti in materia. Sempre oggi, vengono infatti diffusi i dati di uno studio dell’UCLA (University of California in Los Angeles), che ha individuato in alcuni soggetti esaminati, un gene resistente agli effetti del fumo, che sarebbe il responsabile della sopravvivenza di coloro che, pur tabagisti, non ne hanno mai pagato le conseguenze in termini di salute e di insorgenza del cancro. Anche in questo caso, se i dati fossero confermati, le implicazioni pratiche sarebbero a dir poco entusiasmanti perché si potrebbe sviluppare un farmaco in grado di attivare i medesimi marker genetici anche in soggetti malati, inducendoli a riparare le cellule danneggiate.