Parla Alyssa Ramos, travel blogger (MyLifesaMovie) che spiega perché viaggiare ci rende tristi.
La sensazione di vuoto che si sente sul volo di ritorno; i sorrisi smaglianti sui volti di chi racconta le proprie esperienze in giro per il mondo; la malinconia nel fare i bagagli. Prima o poi tutti abbiamo dovuto lasciare un posto che ci aveva rubato il cuore e, quando viaggiare fa parte di noi, ad ogni partenza corrisponde una dose di dolore e nostalgia non indifferente. La travel blogger racconta, in ritorno dal suo viaggio in Sud America, quali sono i motivi per cui viaggiare ci rende tristi:
1. Ci si innamora dei luoghi, per poi dover andare via
Ci si innamora di posti che si è costretti a lasciare. La sublime sensazione di trovare un posto che ci fa sentire complete e la triste consapevolezza di dovercene andare. Forse è delusione, forse malinconia, ma quando il tempo non basta, bisogna semplicemente andare avanti.
2. Non si sa quando si tornerà
Le persone che si incontrano vorrebbero un tuo ritorno il prima possibile, tu in primis vorresti tornare il prima possibile. Purtroppo però la risposta alla domanda “quando tornerai?” è sempre la stessa: “non lo so”.
3. Si avrebbe voluto fare qualcosa di più
Più luoghi da visitare, più città da scoprire, più persone da conoscere. Più tempo, magari.
4. Si creano amicizie veloci, ma profonde
In Bolivia, qualcuno ci ha chiesto da quanto tempo ero amica delle persone con cui mi trovavo, provenienti da Olanda, Canada ed Australia, dal momento che sembravamo così uniti. La cosa ha sorpreso tutti dopo aver pensato che la risposta era “Da ieri”. E questo, come la travel blogger conferma, fa male: ci si trova a legare tantissimo con gente che non potremo portare fisicamente via con noi. Chi viaggia si trova spesso con anime affini.
5. Ci si prende le famose “cotte da viaggio”
Sono innamoramenti temporanei, intensi, profondi. Fino a che non bisogna tornare a casa.
6. Si sa che rincasare non sarà così emozionante
Si prova a parlare di quello che si ha appena vissuto con parenti e amici, sperando che loro riescano a capire quello che stiamo condividendo con loro. Il nostro entusiasmo ci porterà a discutere solo delle nostre gite, di ciò che abbiamo visto, fino ad esaurire chi ci ascolta. Eppure il riscontro che troviamo è minimo: nessuno può capire cosa abbiamo vissuto.
7. Viaggiare un’altra volta non sarà facile
Succede soprattutto al rientro immediato da un viaggio, quando si ha ancora la mente piena dei ricordi dell’ultimo luogo visitato: sembra che niente possa essere al pari di ciò che abbiamo appena visto. In più ripartire a pianificare è costoso e impegnativo.
8. Nostalgia delle nuove abitudini
Ogni mattina mi svegliavo con un tè di coca, mi vestivo in tenda, preparavo tutto, andavo a fare colazione nella tenda “da pranzo” , parlavo con il gruppo e con la guida, uscivo in escursione, pranzavo, camminavo ancora un po’, tornavo al campo, facevo il mio happy hour a base di tè, cenavo, chiacchieravo ancora, e poi andavo a dormire in tenda per ricominciare l’indomani. La nuova routine ti travolge e, come dichiara Alyssa, diventa parte delle nostre vite nel modo più completo e con una velocità incredibile.
9. “e se….”
“Se avessi preso quell’autobus e avessi preso un altro volo”; “Se avessi progettato diversamente il viaggio”; “Se avessi accettato quell’invito”. Quante possibilità ci sono, ma non le sappiamo riconoscere in tempo.
10. Depressione post-viaggio
Si tratta della conclusione di tutti i punti precedenti, Alyssa la definisce come una sensazione di tristezza cumulativa, che può essere curata solo da altri viaggi.
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